Alanjemaal

DALLA RUGGINE

Autoprodotto, 2012

È sporco, forte e preciso nelle intenzioni, arriva dopo dieci anni di lavorazioni distratte e incontri casuali e si porta addosso tutto il peso del tempo che è trascorso. Nome bizzarro che in realtà nasce dalla fusione di due anime musicali importanti, il rock italiano degli anni novanta e l’elettronica di cui siamo stati i maestri qualche decennio prima. E’ un disco per lo più strumentale, che spazia tra le varie sfumature che i tempi moderni hanno dato ai due generi citati prima. Al play si entra in un tunnel di suoni a volte talmente distanti l’uno con l’altro da sembrare dissonanti, ma così non è, c’è di mezzo il tempo che cambia irrimediabilmente le cose da un giorno all’altro figuriamoci da un giorno all’altro. Sarà proprio per questo motivo che non si riesce a trovare una collocazione precisa ad un disco del genere, uno spazio mentale in cui posizionarlo per spiegarne le caratteristiche peculiari. Senza dubbio tanta maestria, tante sfaccettature da cogliere senza troppo impegno, un disco che va ascoltato per quello che è, la prova di grandi abilità musicali e artistiche. Legni eccellenti ospiti in alcune tracce del disco, il violoncello di Elena Diana e la chitarra di Gigi Giancursi (Perturbazione docet) , in tutto il loro splendore, è il caso di dirlo. Adesso non rimane che aspettare il passo successivo di questa band, ormai consolidata e decisa a non farci attendere altri dieci anni, il nuovo lavoro uscirà a breve e lì sarà più facile comprendere la direzione che gli Alenjamaal hanno deciso di prendere. Bene così, non potrà deludere le aspettativi, di questo siamo certi.

Voto: 7

Maruska Pesce