Zondini

Zondini va ascoltato con la giusta disposizione. Non troppo seriamente, non troppo distrattamente. Brani che fanno il verso alle ballate pop, ne enfatizzano le banalità, fino al non-sense. Gli arrangiamenti miscelano dilettandosi più generi, più sonorità, senza remore si pesca un po’ ovunque sulla linea del tempo. Sono impiegati molti timbri differenti, dall’armonica alla batteria riverberata anni ottanta, dalla chitarra acustica ai tappeti shoegaze. Soluzioni musicali sempre molto congeniali alle esigenze musicali del pezzo, che attingono da almeno un trentennio di musica pop/rock. I testi  attingono dalla cultura popolare, televisiva, di luoghi comuni e fatti quotidiani. Citata anche la signora Longari (Buon Compleanno Mr. Mike), quella che cadeva sul volatile del defunto conduttore. Episodi marcatamente parodistici, canzonatori (Neve nelle vene) si trasformano a volte in filastrocche (Jack jack jack) o cantilene (La spiaggia nel cuore, l’amore che muore) tra lo spassoso e il faceto (il serio si intravede).

Sulla carta un bel disco, eppure qualcosa disturba l’ascolto. Forse l’atmosfera fosca che il disco evoca, mai disteso, o l’incedere sornione del Zondini autore in un umorismo che non va mai a fondo. O forse la sua stessa voce, costantemente tesa, sempre leggermente calante o crescente. Non c’è un momento realmente godibile. Il diletto passa sempre attraverso la rielaborazione cerebrale del brano. Spesso è un pregio, in questo disco non sempre lo è.

 

di Alberto Sartore