Junkfood

TRANSIENCE

Trovarobato, 2011

Questo quartetto molto interessante proviene da Bologna, e sin dal primo ascolto risalta come riesca a riunire le varie personali preferenze musicali in un miscuglio di jazz-rock avanguardistico che spazia dai primi albori della fusion newyorkese a coordinate di mathrock novantiano, con suggestioni mixate di elettronica, post-rock e free jazz. Sembrerebbe un disco puramente jazz, ma così non è, poiché i quattro riescono nel loro intento di creare un ponte tra melodia/standard e caos postmoderno, tra staticità e liquidità, tra sicurezza e precarietà; ponte però ricco di insidie, ostilità e ricco di tornanti, descritti a perfezione dalle continue variazioni melodiche all’interno del disco. Trattandosi di un disco esclusivamente strumentale sono partito un po’ prevenuto, ma già dal folgorante riff di apertura di Aging hippie liberal douche rimango piacevolmente soddisfatto e noto che tutto l’album si muove in un’atmosfera dal sapore Crimsonian-Canterburiana. Bellissima in tal senso Exodus, un lento viaggio musicale che riunisce in un’unica foto, in un’unica melodia, immagini di Bruxelles, New York, Londra, lasciandoti con quel senso di stordimento tipico delle canzoni che ti catturano subito. È un disco in continua evoluzione, permeato attorno ad una perenne contrapposizione tra improvvisazione e scrittura, libertà individuale e gioco di squadra, in una linea alternata di silenzi e meditazioni ambient, e di isterici scatti musicali. Rehabilitation program in tal senso rappresenta l’ideale punto di congiunzione tra angoscia e instabilità, sentimenti di cui il disco si fa portatore.
I Junkfood hanno dato alla luce un album degno di essere presente all’interno di una discografia, sia per le loro singole capacità musicali, sia perché, forse senza volerlo, hanno immesso nel panorama musicale qualcosa di diverso da ciò che siamo abituati ad ascoltare.

Voto: 9/10

Lucajames