NOBRAINO Live @ Atlantico 19 ottobre 2012

Ormai hanno suonato in tutta Italia, accumulando un karma di esibizioni live che è il loro portfolio artistico. Tra rasature e schiamazzi. Quel rapporto stradaiolo con le folle, spensierate nel sudare ‘sto folclore. Perciò la chiusura circolare di questa èra del “Disco d’oro” è la capitale, dove tutto fiorì a Marzo. MArtelive associazione (autodefinitasi) dello spettacolo totale, si occupa di piazzarli all’Atlantico zona roma Eur e sfornare i tickets di un evento, in cui i Nostri sono l’incipit della fine. Prima di loro una bella serata, esibizioni di Kutso, Area 765 e Roberto Dell’Era, a cui non ho assistito: per colpa di un pessimo rosato sono arrivato tardi, sull’apertura dell’ultimo gruppo, A Toys Orchestra, di cui non so dare un parere, senza rimanere sulla genericità. Troppo occupato a combattere con l’implacabile professionalità delle bariste dell’Atlantico e ancor più coi loro prezzi. Questa esosità, ci tengo a sottolinearlo, non è stata l’unico difetto della sala; l’acustica, scusate, ma era una merda. Kruger sarà pure un tossico, lo urlava convinto qualcuno, tra la gente. Ma non si sentiva. Le parti vocali erano nebulose e indistinguibili, e questo ha pregiudicato in maniera inguaribile tutto. E sempre il barbuto si preoccupava dell’occhio di bue…”Cosa dovrei fare per avere un faro puntato in faccia?”. Il problema era di un altro senso.
Una premessa sulla qualità audio era quanto mai doverosa, perché il sentimento era condiviso e non una isolata paranoia auditiva.
La scaletta è propagandistica del nuovo album: ‘Cani e Porci’, ‘Bademaister’, ‘Film muto’ per citare solo alcune tracce. Ben eseguite dagli strumentisti e auguri al bassista, di un anno più vecchio quel venerdì; mentre il frontman, vestito di tutto viola rimaneva instabile sulle sue alterazioni. Non solo per sue colpe, ma anche per le sue inclinazioni.

Ho avuto la sensazione che tra il pubblico serpeggiasse un po’ di ignoranza riguardo ai nuovi pezzi e quasimancavano le parole tra i giochi di luce sulle nostre teste. Una fase quasi teatrale di osservazione. Poi una trovata radiosa. Parte ‘L’Italiano’, scagliato da un Kruger dinamitardo tra le birre del pubblico e tutto prende a vorticare in un turbine di braccia, Celentano, taccuini persi, Nobraino e lacci delle scarpe.

L’esaltazione, il picco voglio dire, lo raggiungono in questi momenti di estrema sudorazione, dopo, l’aire va diluendosi fino a prendere la forma del baule dei ricordi: saltano fuori ‘Troppo romantica’, ‘Ballerina straordinaria’, ‘Esca viva’. La platea gradisce, queste le sa.
E poi se ne vanno. Un solo di batteria, qualche tintinnio sui piatti. Il boom finale. Ma in sostanza non salutano, e questo li fa un po’ più cafoni di quello che sono. La scaletta sembra essere stata stuprata dall’orologio ma in ogni caso lasciarci a chiedere il bis invano, non è un bell’esercizio. Almeno arrivederci Roma. Anche se sei strafatto.

 

Pablo