Honeybird & the birdies

YOU SHOULD REPRODUCE

Trovarobato, 2012

Se il precedente album di honeybird & the birdies, Mixing berries, si era fatto notare per originalità e stravaganza, You Should Reproduce compie un passo ulteriore mostrando maturità e modernità in molti suoi aspetti: sonorità, stile, tematiche.

Monique Mizrahi (voce, charango, berimbau, chitarra) porta con sé un bagaglio di esperienze musicali eterogenee, provenienti in particolare dall’area sudamericana. Paola Mirabelli (drums, cajon, ukulele) e Federico Camici (basso, contrabasso, basso-ukulele) completano la band con l’apporto di numerosi strumenti insoliti per produzioni musicali di provenienza italiana, per un bouquet timbrico particolarmente ricco ed esotico che acquista corpo e coesione passando tra le mani esperte di Enrico Gabrielli, produttore, e Tommaso Colliva, missaggio.

Il risultato è un album le cui tracce si caratterizzano per un bricolage pluriculturale, polistilistico, multilinguistico, con una libertà formale inconsueta, purificante per uno scenario musicale italiano troppo spesso conservatore e legato a soluzioni imposte dalla moda o da una particolare cifra stilistica di genere importata di seconda mano dagli States. You Should Reproduce va ben oltre i cliché. Sfugge persino all’enorme etichetta biadesiva “world music”, attingendo sì da popular music e folk, ma senza restarne imbrigliato. Non si tratta, infatti, di un’unica opera globale multiculturale pop che reinterpreta esperienze musicali variegate, ma di un discorso musicale che tesse la sua trama scegliendo liberamente tra stoffe multiformi e variopinte. E il mèlange può godere di possibilità espressive davvero numerose e gradevoli.

La capacità di scegliere i materiali sonori in funzione del contenuto dei brani è una grande virtù dell’album, ma il valore aggiunto è dato dai momenti in cui le differenti unità timbriche sono usate in maniera non convenzionale: penso all’uso dei fiati in Elastic Stares, o ai repentini cambi stilistici in East Village e in Perejil, o all’orchestrazione di Eine Kalte Geshichte (brano cantato in lingua tedesca). E c’è spazio anche per un rap (Where D’Ya Live Yo), in cui appaiono suburbs romane quali “one hundred cells” e “tower of slaves”, e per una ballata in dialetto catanese (Cajaffari). Non è da meno il singolo dell’album, To the Earth’s Core, parzialmente ispirato al cortometraggio brasiliano Ilha Das Flores, che presenta un ritmo tribale e un tema intonato ossessivamente da ukulele e charango a fare da tappeto per il racconto polifonico e lambiccato del cantato che procede per libere associazioni su tematica ambientalista.

Ma per inquadrare appieno l’aspetto innovativo e collettivo del progetto che sottende la realizzazione di You Should Reproduce occorre spingersi più a monte, sino alla pre-produzione. Nuovi strumenti telematici offerti dalla Rete, infatti, hanno spianato la strada per la realizzazione dell’opera, in particolare la piattaforma per il crowdfounding (finanziamento collettivo) Kickstarter. Attraverso Kickstarter la band ha potuto presentare il proprio progetto musicale a una vasta platea di utenti, con un’iniziativa denominata “You should coproduce”, grazie a cui ha raccolto la cifra di 5846 euro. I 150 utenti aderenti sono divenuti a tutti gli effetti coproduttori esecutivi dell’album. Soldi ben spesi, ci verrebbe da dire, per un risultato che di certo non tradirà le aspettative.

VOTO: 8/10

Agostino Melillo