Diario di bordo a 40° (sotto il diluvio universale!)

Wow!!! A che numero siamo arrivati??? Troppo, troppo lontano e ogni volta concedermi il tempo per raccontarvi cosa mi piace ascoltare/vedere è come concedere del tempo a me stessa, l’unica volta in cui posso dedicarmi alla musica, senza pensare troppo al gergo tecnico, a mostrarmi preparata sulla band o comunque senza troppe paranoie su chi dovrà leggere una determinata recensione. Nel tempo ho scoperto (e l’ho fatto fare anche a chi ha letto il Diario) tantissime realtà musicali che hanno meritato un minimo di attenzione, o solo di essere almeno menzionate, ho viaggiato, sudato, corso, bevuto, goduto e perchè no, perfino pianto, di volta in volta, tornando a casa con una principale preoccupazione: registrare tutto ciò che c’era di ricordare nella memoria (o in quel registratore disgraziato che ancora oggi mi ostino ad usare) per scrivere un’altra tappa di questo viaggio. A qualcuno potrà sembrare una stronzata, qualcun altro lo avrà letto con curiosità, altri ancora avranno criticato le mie scelte musicali e/o lessicali…io c’ho creduto, e ci credo ancora!
Così quasi in sordina è arrivato anche il numero 40 e con esso la sesta (accidenti!) tappa di questo vissutissimo racconto e sarà per la pioggia che stanotte non mi lascia un attimo, sarà per la strana sensazione di amarezza che mi ha lasciato quella insolita cover udita qualche ora fa, che mi trovo seduta a cavalcioni sul letto a cercare di persuadervi ad ascoltare quello che ho ascoltato io (e se lo faccio vuol dire che ne vale la pena)! Come sempre inutile che vi dica che i generi sono stati chiamati in causa quasi tutti e anche stavolta vi sarà impossibile rimanere indifferenti, forse vi suoneranno familiari molte delle realtà di cui parleremo, altre vi faranno venir voglia di saperne di più o di cercare un live per smentire le mie personalissime opinioni riguardanti pensieri, parole, opere e omissioni (chiarissima citazione semi accertata!).
Diario di Bordo, parte sesta…let’s go!!!

THE HACIENDA – Più volte citati da Bf, sono stati protagonisti di interviste e di un vecchissimo e acerbo Diario di Bordo di qualche tempo fa…oggi più che allora il loro spettacolare live è un’occasione divertente per godere di meravigliosa musica dal sapore di altri luoghi. Il loro nome non vi suonerà certamente sconosciuto in quanto chiaramente ispirato dal locale di Manchester ed è vessillo dell’interessantissima scena indie.rock italiana degli ultimi anni. Sono in questo “brutto” giro ormai dal 2003, ma la vera conferma arriva qualche anno più tardi (nel 2010) con la pubblicazione dell’EP “Conversation Less” che ha allargato il raggio di interesse verso il gruppo fiorentino. La loro musica sprizza autenticità ad ogni nota, sarà questo il motivo per il quale l’Europa li adora, soprattutto posti generalmente ostili come la Repubblica Ceca e la Germania…loro in effetti sono un po’ così: pazzi scatenati/nti dall’aria disinvolta e indifferente. Non stupitevi se a metà di un loro concerto starete lì a chiedervi se avete capito male la loro origine (italianissima!) e vi sembrerà di trovarvi non troppo lontano dai sobborghi londinesi, dove la buona musica si fa per caso, così come viene! “Conversation Less” è stato osannato dalla critica di ogni genere ed è un album straordinario, ricco di stile e da ascoltare tutto d’un fiato, di quelli che quando li ascolti pensi che non ne potranno uscire di uguali, poi un giorno dal nulla il gruppo se ne esce con “Picking pennies off the floor” ed è la conferma all’opinione positivissima che già avevo di loro. Ogni loro concerto è occasione lieta di risa e ilarità, la loro simpatia, oltre che eccellenza musicale, supera la soglia consentita dalla normalità e la naturalezza con cui affrontano palchi ardui e sconosciuti è lodevole. Paroloni a parte si possono bere fiumi di birra e riuscire a scandire il tempo che passa solo da quello, se non fosse che ad un certo punto i concerti finiscono, nessuno si sposterebbe dal proprio posto, se non per accennare  qualche passetto mooolto brit. Bravi, bravi quanto lo erano gli Oasis prima di divenire gossip pari e rovina famiglie o quanto i Blur prima di trasformarsi in cartoni animati inanimanti. Se vi piace il genere o solo l’idea che vi è rimasta del defunto, correte a sentirli da qualche parte, vi accorgerete che finalmente esiste qualcosa che qualcun altro potrebbe invidiare alla nostra Italia.

JOHN DE LEO – Se potessi allegare a queste sterili pagini le emozioni che mi hanno condizionata durante questo concerto sicuramente sarrebbe tutto più chiaro. E’ grande autore, un eccellente interprete ed un performer all’altezza di qualunque palchi (e dire che nella sua carriera sono stati tantissimi e di ogni tipo, pure l’Ariston, ve lo ricordate no quando con i Quintorigo shoccarono SanRemo con la straordinaria “Bentivoglio Angelina” e “Rospo”? E non solo…)…I Quintorigo sono stati tra i gruppi che più ho amato da quando ho il coraggio di ascoltare musica, e con estremo piacere e assoluta fortuna il John De Leo che mi aveva lasciata sotto shock anni fa lo ha rifatto, anzi lo ha fatto in modo ancora più incisivo. Per molto meno di due ore (purtroppo) ha calibrato tutte le attenzioni su di un piccolissimo palchetto con su una chitarra (quella del bravissimo Fabrizio Tarroni, eccezionale musicista e tale anche ai cori) spaziando tra atmosfere musicali assolutamente insolite ed un’estensione vocale sempre più aliena piuttosto che umana…La sua voce sensualissima e calda, ancora una volta “trattata” come uno strumento, assecondata, accarezzata, anche sfidata, attorcigliata a loop estremi e ripetuti all’infinito ma che ogni volta suonavano in modo diverso. L’ultimo lavoro in studio ormai risale a troppi anni fa, è “Vago svanengo” eccezionale esempio di cantautorato aulico ed autentico di un’artista che dell’originalità ne ha fatto il punto d’inizio. Per chi ricorda (spero un po’ tutti) Demetrio Stratos è un gioco da ragazzi capire cosa fa De Leo…totalmente fuori gli schemi canori e stilistici puri, rappresenta la qualità assoluta, che ormai in Italia si tende a dimenticare un po’ troppo spesso! A metà strada tra la musica d’autore e la letteratura, il concerto assolutamente minimale, possiede un certo carisma teatrale, fascino e bellezza tutto insieme, e credetemi nessuno intorno a me aveva il coraggio di dire una sola parola…Salta all’occhio l’incredibile goffaggine di questo strano personaggio, una certa simpatia infantile confermata da un’esperimento canoro eseguito con l’ausilio di un registratore giocattolo . Dal 2005 ormai la sua strada si è allontanata da quella dei Quintorigo e da allora si è fatta sempre più forte il prepotente carisma di questo incredibile artista…se qualcuno di voi avesse un minimo dubbio è giusto che si conceda un concerto di De Leo, lo deve alla musica, ma soprattutto lo dovete a voi stessi…questa volta non scherzo, rimarrete senza parole almeno per un’ora buona!

FRANKIE MAGELLANO – E’ un folle visionario e come si fa a non andare ad un suo concerto quando è proprio a portata di mano dietro l’angolo di casa??? E’ un dovere assolutamente da compiere…è come concedersi un ritorno alla giovinezza, all’età delle favole (per chi come me ormai le avesse dimenticate) quando bastava un racconto fantastico per farci andare lontano. Quelli di Frankie non sono racconti fantastici, solo meravigliosamente reali ma narrati con la magia con cui si parla ai fanciulli. In casi come questo si dovrebbe prima concentrare l’attenzione sul significato vero e proprio del “fare teatro”, ma spiegare l’insieme di stili rubati qua e là ad esso e alla musica d’autore sarebbe come banalizzare un progetto che va ben oltre la catalogazione.  La carriera di questo particolare progetto risale al 1995, da allora lo straordinario autore/attore/interprete ha viaggiato e ha fatto viaggiare in mete sconosciute e poetiche con l’ausilio dei grandi musicisti che lo accompagnano: una chitarra, un contrabbasso, un pianoforte, una batteria, Frankie e nient’altro. Credetemi, vi basterà eccome, per un momento sarà come staccare la spina e abbandonarsi all’arte del teatro, quello drammatico e ironicamente recitato. Si possono leggere grandi cose a proposito di questo particolare progetto  e si può cercare di incanalarlo dentro dei canoni stilistici ben precisi, ma è un’impresa assai ardua, l’unico modo di giudicare (non lucidamente) qualcosa del genere è trovarsi di fronte a questo spettacolo, dimenticandosi degli attori stessi e di tutti gli spettatori intorno, solo ascoltando la “fantomatica recita”, magari chiudendo gli occhi, il resto verrà da sé! Per descrivervi le sensazioni che potreste provare citerò l’autore stesso, che ad ogni gesto dà regala un particolare significato, in questo caso ogni canzone recitata diventa improvvisamente “…una seconda vita, viene eseguita al fine solo del piacere.”. Ma dopo una premessa del genere magari le aspettative saranno entusiasmanti…lasciatevi andare, tutto potrebbe andare esattamente come pensate…a vostro rischio e pericolo e ricordatevi che (come dice un loro lavoro discografico) prima o poi lui vi mangerà!

ANZIKITANZA – Sono passati ormai dieci anni da quando per la prima volta gli Anzikitanza presero sul serio l’idea di dare vita ad una grande (sia di numero che di intenti!) realtà musicale…e da qui al secondo e particolare lavoro in studio, è Questione di Stile l’ultimo e attesissimo album del gruppo pseudo catanese. C’è chi lo ha definito un lavoro stilisticamente ibrido, a me piace pensare che invece in esso sono convogliati tutti i gusti musicali dei componenti e le lezioni imparate durante questi anni di progetti e concerti in giro per l’Italia. Sono stati etichettati come i figliocci di Roy Paci, definizione che a loro non proprio calza a pennello, in quanto figli adottivi dei grandi nomi del raggae e del rock steady giamaicano, sono ben altri i nomi a cui si sono ispirati per giungere fino a questo punto. Sulla loro strada prestigiosi palchi e innumerevoli collaborazioni, da Udine a Rosolini, una carriera fatta di riconoscimenti e di grandi amici, gli stessi che nel tempo sono diventati collaboratori! Durante la presentazione dell’album, in vendita da qualche giorno, la veste del gruppo diventa più classica e patinata, adatta al riarrangiamento acustico di alcuni pezzi fatto apposta per l’occasione. Il palco di un teatro/libreria però li mette un po’ troppo in imbarazzo quindi dopo un po’ si inizia a far casino, i fiati smettono di comportarsi da “bravi ragazzi” e le percussioni riprendono il loro posto accanto ai ritmi caldi della batteria! Una voce femminile dolce e ammaliante, un “cantastorie” greve e affascinante, altri sette musicisti e il gioco è fatto: i toni del raggae si smorzano e il ritmo in levare coinvolge persino un timido tango (e come dicono loro “Non ci resta che piangere coltivando speranze…”) ma ahimè, la vita è fatta anche di tristi realtà, soprattutto negli ultimi tempi, ecco perché anche il  brio musicale de “La questione meridionale” si interrompe quando si ascoltano le tristi parole  che raccontano una diversità economica e culturale ancora troppo pesante da sopportare e sostenere. Gli Anzikitanza sono grandi comunicatori, al di là dei gusti musicali e di chi va a vedere i loro concerti, fanno della parola (italiana, inglese e dialettale) il principale mezzo per arrivare a tutti coloro che si trovano ad incrociare il loro cammino artistico. La magia di un loro live è legato all’incredibile carisma di tutti e nove gli elementi e alla forza della musica in levare, ancora troppo sottovalutata…Cercateli e se vi siete messi in testa di trovare i soliti musicisti con i dreadlocks cambiate prospettiva, potrebbe piacervi tutto ciò.
Il Diario di Bordo giunge alla fine (forse vera e propria) inutile ribadire tutto il divertimento e la speranza legati ad ogni singola parola riportata in tutto questo tempo…ancora una volta rimane a voi l’ultima parola, i miei sono solo divertenti suggerimenti d’ascolto. Vi lascio con quella che forse rimarrà la citazione più sentita (e qui non si tratta di ascoltare!) “…e non ci resta che piangere coltivando speranze, noi fotografi liberi degli eventi che cambiano, e non ci resta che scrivere parole amare, suonando liberi, liberi così.” (Anzikitanza)…e mai parole furono così azzeccate.
Stay freaks…on the road…sempre!
Per contatti e info: Maruska Pesce www.facebook.com/indiemska.pesce