Rosa di Raso

A livelli concentrici intessuti di profumo, seguendo una linea a parabola, tra le lamine morbide di velluto. La rosa la guardo. Dal margine al profondo. E’ un vortice che ci prende, mi circuisce. Lamine sovrapposte che cercano di spandersi con il buio in fondo che fa da limite ma anche da rincorsa. Riscossa. Sembra una bocca nell’istante, unico ed immobile, dell’apertura della labbra. Che cosa dirà? Sembra una bocca che apre le sue mille labbra per schioccare un bacio di raso che caldo s’affondi su altre bocche, su altre rose. Così, a bocciolo, s’unisca con un altro cono frastagliato e leggero con i petali in fuori come una cascata di rami di palma, come un cesto di capelli mal raccolti ma erotici e sensuali. Ma è sul bordo dei petali, ad occhi chiusi, passandoci un polpastrello, che sta la polpa. La carne. Stringerla con l’indice ed il pollice, sentirne la sofficezza, sentirsi protetti da quel velo come pompieri tesi con il loro cerchio da circo sotto il palazzo in fiamme prima del salto. Ed è un presa sicura, un abbraccio. Metterci il naso dentro è protezione. Una penetrazione per sentire il suo odore, fino in fondo, quello segreto, provando la sensazione dell’ape che, decide ogni volta di farsi fagocitare e nuovamente partorire, dentro e fuori in un amplesso totale. Non una parte ma è il tutto che scivola dentro. Piano che qualcosa non si sciupi, che l’imene che sta nei petali non si spacchi, perché la purezza rimanga, perché l’innocenza resti intatta anche se molte mani l’hanno palpeggiata e molti nasi annusata. Da molto vicino. Sembra strizzarti l’occhio e dirti “Vieni”, come una sirena d’Ulisse che attrae e incanta. Un solo occhio. Di ciclope. L’occhio di Dio. Che poi, come dicono in molti, Dio sia femmina, guardando la rosa è ancora più facile convincersene.
(Tommaso Chimenti)