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Home Recensioni

Orange

redazione by redazione
16 Luglio 2009
in Recensioni

orangeCertosa
(Midfinger)

Debuttano gli Orange, duo chitarra e batteria formato da Francesco Mandelli e Chicco Buttafuoco. Quando spingo il CD nel lettore cerco a tutti i costi di dimenticare l’identità televisiva del primo, eterno giovane taggato “non giovane” per la Mtv generation italiota. Il disco propone 33 minuti di rock schietto e spontaneo, come se i Mojomatics dei primi tempi, fossero cresciuti a pane e Brit-Pop e avessero accantonato il blues delle origini e i colpi di testa alla Link Wray. Si parte in pompa magna con “Susy”, un muro di chitarre e una serie di stacchi da capogiro che aprono la strada allo scazzo sonico di “Fumagalli”, inno teen meneghino sul solco dei Subways, in cui il martellamento di batteria riesce a sorreggere con lo sputo un impianto vocale fragile che sembra giocarsi tutto sul fattore istinto. Non mancano i toni smorzati ed evocative, ma non di certo il piatto forte del duo.  Ecco allora lo scherzetto “Certosa”, una voce intubata che sussurra con passione la quintessenza del non-senso, cito paro paro: “Forse certa gente/Dimentica che/ Esistono altri accordi/ oltre a quello di Re/Quindi puntualmente/ continuo a pensare che/ suonerò tutti gli accordi/ tranne quello di Re”. “Mercury Drops”, suona anch’essa fuori fuoco rispetto alla totalità del disco, una sguardo al suono ipnotico in battere della neo-wave (Editors e White Lies) e un ritornello che non decolla e ti lascia lì ad aspettare, inutilmente. Vero e propria meraviglia è, invece, “M.N.E.N.Y” ossia Milano non è New York, con un ritornello che più “catchy” non si può e un riff di Gallagheriana memoria impastato con un coro di scimmie che vogliono urlarti dritte nel cervello.  Il testo denota anche una certa auto-ironia: si tenta la presa per il culo di un modello di divertimento alternativo milanese, il giro chic-freak del Plastic, i ricordi glitterati della Brit-Milano, le vespe stilose parcheggiate davanti a Supporti Fonografici, le spillette enormi degli Heavy Stereo,  and so on.  Scheggia impazzita di un movimento di riflesso, quando i Pretty Face non avevano ancora rispolverato le compilation Pebbles e alzavano il pugno a un pubblico che non li capiva.
(Tum)

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