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Home Recensioni

Stubborn Heart

redazione by redazione
6 Aprile 2013
in Recensioni

STUBBORN HEART

One Little Indian, 2012

stubborn-heartHanno di certo un cuore ostinato Ben Fitzgerald e Luca Santucci, duo di dj/producer britannici, non di primo pelo, nel tentare di coniugare il soul degli anni ‘60-‘70, il pop sintetico degli anni ‘80 e l’elettronica degli ultimi quindici-venti anni. Un’operazione difficile e non del tutto originale. Prima di loro hanno sperimentato tale approccio altri musicisti come SBTRKT, James Blake, Jamie Woon, ma i nostri hanno talento, e non è un caso che il loro omonimo album di debutto, pubblicato dopo il 12” Need Someone prodotto da Kaya Kaya Records, sia stato realizzato con la One Little Indian, etichetta con la quale collaborano artisti come Alabama 3, A.R. Kane, Björk. Così ascoltiamo loop e sequenze minimali immerse in atmosfere scure e distorte, che richiamano il trip hop più tenebroso di Tricky e Massive Attack o certi ambienti urbani e rumoristici alla Aphex Twin o Radiohead. Ma a cambiarne completamente il registro è la voce soulful e malinconica di Santucci, i brani si dischiudono in un’espressione più sentimentale ed emotiva. A momenti più oscuri e intimisti come Two Times a Maybe, Blow o Head On si alternano inserti decisamente soul pur elettronici tipo Better Than This, It’s Not That Easy (cover di un pezzo soul del 1967 di Reuben Bell & Casanovas), To Catch a Spark e soprattutto Need Someone che conclude il cd. Il dubstep evidente in tutto il lavoro perde un po’ dei suoi bassi più intensi e caratteristici per far posto a toni soul e pop, con un’attitudine nostalgica e triste. Ed è questa forse la qualità peculiare di Stubborn Heart, l’ostinazione nel ricercare un filo conduttore nel linguaggio musicale degli ultimi decenni senza però nasconderne i cambiamenti, che non sono solo espressivi, ma anche contenutistici. Il risultato è spiazzante, non sempre del tutto convincente, tuttavia piacevole e coinvolgente. Gli Stubborn Heart definiscono il loro stile soul elettronico, con una formula che accentua il lato soul, sottovalutando involontariamente la componente elettronica, relegata a pura forma; questo allontana la possibilità di una nuova sintesi e rischia di far cadere nel mainstream anche questo progetto. Ma al momento, attendendo ulteriori sviluppi, questo lavoro merita un giudizio più che positivo e un ascolto attento.

Voto: 7

Vincenzo Pugliano

Tags: 2012omonimoStubborn Heart
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